


QUANDO LA
VOGLIA INCALZA - estate 2002
Quest'anno Ferragosto mi è
arrivato tra capo e collo senza che mi sia stato possibile organizzare un'uscita come si
deve. La voglia di pescare è fortissima ma non riesco a farmi venire un'idea decente per
togliermela e siamo già alla mattina del tredici. Il mio gommone è in riparazione è
sarà di nuovo disponibile soltanto la prossima settimana, quindi dovrei uscire a nuoto.
Di tuffarmi in Liguria non se ne parla neanche: tutti i posti più interessanti sono ormai
saldamente nelle mani degli ecologisti che ne fanno oggetto di commercio (visite a
pagamento) escludendo dalla fruizione soltanto noi 'paria' del mare
Nei pochi posti
dove ancora si può intravedere qualche pesce serio (parlo di dentici e ricciole) per
pescare bisogna prendere il numerino come al supermercato e mettersi in coda e, in ogni
caso, il prezzo da pagare per una dose di metadone consiste nel fare lo slalom tra eliche
e derive di barche di ogni tipo
No, niente da fare
se voglio scendere in acqua senza convivere
con la sensazione di aver perso tempo dovrò spostarmi di parecchio, diciamo Corsica o
Sardegna. Scorro mentalmente tutte le possibilità che ho davanti: amici in vacanza con
gommone al seguito, amici in grado di ospitarmi per due o tre giorni, campeggio
libero
I problemi da risolvere e le considerazioni da fare sono molteplici:
- Primo: i traghetti sono superprenotati, è impossibile imbarcarsi con l'auto,
quindi non sarò in grado di trasportare le attrezzature che sono solito avere al seguito.
- Secondo: reperire un mezzo per spostarsi dalla base al luogo di pesca e
viceversa.
- Terzo: ci sono veramente pochi posti con fondali adatti al mio tipo di pesca e
raggiungibili senza l'ausilio di un natante.
- Quarto: come conservare le eventuali prede (io sono sempre ottimista riguardo
alle catture previste) visto che non potrò disporre del mio fedele Igloo.
Inizio a fare diverse telefonate ad amici e conoscenti sparsi nei
sette mari chiedendo informazioni, aggiornamenti ed eventuale ospitalità ma mi rendo
subito conto che non è facile organizzare così su due piedi un raid di questo tipo: chi
è partito per una rilassante vacanza di tre o quattro settimane non è certo disposto ad
affrontare due o tre giorni di pesca intensiva, specie se ha donna o famiglia al seguito.
Poi, di colpo, un lampo di genio! Scambio il mio cinquantino con lo
scooter 150 dell'amico Athos, bagnino del Forte, riempio lo zainone e me ne vado a Calvi
alla Casa di I Venti dal buon vecchio Mauro, ligure doc trasferitosi in Corsica per
gestire l'affitto dei quattro appartamenti che lui ed il fratello Marco hanno costruito
anni or sono.
Per me da loro la porta è sempre aperta ed io cerco di sdebitarmi
rifornendo il frigorifero e cucinando gustose cenette per tutto il gruppo. Questa volta
anche Marco è sul posto e si dichiara disponibile a cedermi il suo gommone per una mezza
giornata, cosa chiedere di più? Telefono ad un altro amico, anche lui da quelle parti con
gommone attrezzato, chiedendogli se sia disposto a portarmi a pescare con lui almeno una
volta e ricevo risposta affermativa: perfetto! Due pescate serie ed il resto me lo
giocherò a nuoto, comincia a piacermi
La mattina alle sei sono già in autostrada per Livorno e, a giudicare
dagli sguardi divertiti degli automobilisti e dell'addetto al pedaggio, non passo certo
inosservato. Una volta dentro Livorno la prima vetrina mi conferma che sembro un oggetto
alieno e per giunta assai minaccioso: zainone superimbottito sulle spalle con Falcon che
fuoriescono, sacca portafucili a tracolla che sporge un buon metro sopra la testa e giacca
a vento perché anche se d'agosto la mattina a cento all'ora fa veramente freddo.
L'imbarco è decisamente fantozziano
i vari addetti alla
movimentazione mi dirottano al terzo livello ed io sono costretto a piegarmi continuamente
in avanti per non urtare le aste sul soffitto dall'altezza assai ridotta. Tocco per ben
due volte e rischio di finire per terra, sotto lo sguardo perplesso degli altri
passeggeri, e quando finalmente dispiego il cavalletto mi sembra di uscire da un incubo.
Ma ormai è cosa fatta, salgo sul ponte e mi godo la bellissima mattinata ed il tepore che
il sole comincia a regalare. Mi aspettano quasi quattro ore di sonno, per me il traghetto
è sempre riposante e poi adoro risvegliarmi e sentire improvvisamente l'odore della 'mia'
Corsica!
Sbarco a mezzogiorno in leggero anticipo e mi dirigo subito a Calvi.
La strada è bella, con molte curve ma larga, dal manto recentemente rifatto e all'una e
mezzo me ne sto già a Ile Rousse. Telefono all'amico che dovrebbe portarmi in mare nel
pomeriggio ma ho la prima delusione: dopo meno di ventiquattr'ore sembra aver cambiato
idea, mi dice che preferisce pescare da solo perché non vuole condividere i suoi posti
segreti
mi viene da sorridere, pensando che il mio libro delle mire per questo
tratto di costa fa sembrare il suo un pieghevole da tergicristallo, ma non fa niente, per
oggi mi arrangio a nuoto.
Mauro e Marco non ci sono ma mi hanno lasciato le chiavi. Entro in
casa e disfo i bagagli, poi mi cuocio un bel piatto di pasta per rifarmi dei panini
Corsica Ferries trangugiati al mattino e mi rilasso sul prendisole della terrazza. Da qua
vedo il mare calmo e invitante ed inizio a studiare un itinerario adeguato. Poi salgo
sullo scooter e faccio un giro per individuare gli accessi al mare ed il posto più sicuro
per lasciare il mezzo. L'idea è quella di partire con la muta addosso, le pinne ed il
fucile a tracolla legati con un sagolino e la cintura nel sottosella.
Mentre faccio tutte queste considerazioni vedo l'amico che mi ha
appena scaricato vestito di tutto punto passare sul suo gommone con il barcaiolo, la prua
verso le zone più lontane.
Torno a casa e mi preparo al meglio. Non potendo contare sul fucile di
scorta tutto dovrà essere perfetto: rifaccio il monofilo, affilo la punta e controllo le
alette e anche il resto dell'attrezzatura passa una severa revisione per evitare brutte
sorprese.
La pescata si svolgerà a qualche centinaio di metri da terra sopra
una secca abbastanza profonda per cui la zavorra sarà ridotta a cinque chili più un
chilo che servirà per ancorare il pallone, purtroppo indispensabile.
Sono già le cinque e sto per uscire quando ecco che Marco rientra
dopo una lunga gita in gommone con moglie e figli
dopo i calorosi saluti mi porge le
chiavi dell'auto e del gommone facendo di me l'uomo più felice del mondo!
Parto come un razzo e, dopo aver preso confidenza con il gommone (per
la cronaca nuovo di pacca), mi porto comodamente sulla secca che avevo prescelto, senza
dovermi sorbire la lunga pinneggiata alla quale mi ero già rassegnato.
Faccio un lento giro sul posto analizzando le informazioni dello
scandaglio e la direzione della corrente per capire da che parte dovrò concentrare i miei
sforzi; la secca è piuttosto vasta ma con l'esperienza ed un po' di intuito se i dentici
ci saranno non sarà difficile localizzare subito il punto in cui portare l'aspetto con le
massime probabilità di cattura. Negli ultimi anni la mia percentuale di successo nel
trovare il branco ai primi due tuffi anche in zone vaste è vicina al novanta per cento in
zone non conosciute, figuriamoci qua che gioco in casa.
Il posto è conosciutissimo e battuto da quasi tutti i pescatori che
visitano la zona, ma proprio l'estensione del pianoro fa sì che la maggior parte di essi
si arrenda prima di aver trovato i pesci e classifichi la mira come secondaria, mentre per
me rimane uno dei principali serbatoi di dentici di mole di tutta la costa della Balagne.
Intanto sono già le diciannove ed il traffico dei natanti inizia a
rarefarsi, anche se dalla vigilia di Ferragosto non si può pretendere la pace assoluta e
capisco che dovrò adattarmi a pescare tra il rumore di qualche elica. Pedagno il pallone
sottocorrente al punto prescelto, poi ancoro un centinaio di metri sopracorrente ed alzo
l'asta con la bandiera, confidando nel buon senso degli sconosciuti marinai. Mi vesto con
calma, scendo in acqua ed inizio a risalire la corrente per raggiungere il punto dove
presumo di incontrare i miei prediletti.
Effettuata la capovolta inizio a dirigermi verso il fondo ma un forte
ronzio d'elica mi obbliga a risalire: un cabinato di una ventina di metri decide di
passare tra pallone e gommone rischiando di farmi pelo e contropelo. Reagisco in maniera
forse troppo istintiva puntando lo Stealth carico in faccia al deficiente, ma vista la
rapidità con sui se ne va prendo nota dell'efficacia del sistema!
Mi concentro nuovamente e, come previsto, al primo tuffo sui 25 ce li
ho tutti davanti: sono parecchi e si avvicinano con una spavalderia sconcertante. La
possente spinta dello Stealth 110 è sprecata per un tiro quasi a bruciapelo ma 'melius
abundare quam deficiere'
il bel pesce di tre chili e sei si becca un bel tondino da
sette subito dietro l'occhio venendo su senza accennare alcuna reazione.

Sistemo tutto e ci riprovo, visto che i pesci erano così tranquilli
dovrei riuscire a piazzare il secondo colpo.
Mi apposto qualche metro più in là ed il branco si rifà vivo, anche
se con maggior circospezione. Tiro l'apnea sperando che i testoni da sette-otto chili che
intravedo sfumarsi nel blu decidano di concedermi le loro attenzioni
dopo aver
rinunciato ad alcune facili occasioni su pesci simili al precedente, riesco a catturarne
uno di cinque chili e otto, non male come secondo tiro.
Il terzo tuffo non dà alcun risultato così salpo l'ancora verso una
nuova mira. Sono già le otto, non mi rimane molta luce, che fare?
Ho fatto solo due tuffi ma mi sono bastati per costatare un'eccellente
condizione fisica, quindi opto per una guglia profonda (oltre i trenta) sulla quale
generalmente staziona un folto branco di dentici. Qua bisogna tuffare con precisione
assoluta perché attorno ci sono quasi cinquanta metri; non si può ancorare e solitamente
mi faccio assistere da un barcaiolo, ma in serate come questa senza vento o mare e con un
filo di corrente si può tentare un approccio volante con il mio collaudato sistema. Mi
porto sulla secca e la studio sullo scandaglio prendendo una mira accurata a terra, poi mi
vesto, mi porto sopracorrente e spengo il motore; una volta caricato il fucile e sceso in
acqua, inizio a ventilarmi mentre con la mano sinistra afferro il golfare di prua e guido
il gommone verso il punto in cui dovrò iniziare la discesa. Per fortuna riesco ad
intravedere una piccola roccia chiara che mi aiuterà ad orientarmi e quando effettuo la
capovolta ho la certezza di essere sulla rotta ideale.
Dopo pochi metri già ammiro l'imponente guglia e le schiene bluastre
dei dentici che la circondano come dei veri e propri satelliti. Non ho ancora toccato il
fondo e già i pesci sono a tiro: quelli più grossi sono distanti e non sembrano
intenzionati ad avvicinarsi, così prendo la decisione di sparare subito e risalgo con una
preda da tre chili. Recupero il gommone che, complice la calma piatta della sera, nel
frattempo si è spostato solo di pochi metri, e ripeto la procedura d'avvicinamento.
Questa volta dovrò portare l'aspetto qualche metro più in giù,
sulla seconda terrazza a -33, ma sento di potercela fare senza spremermi troppo. Si ripete
la scena precedente ed a cadere è ancora un pesce di due chili e otto che chiuderà le
ostilità, almeno per oggi.
Dirigo la prua verso il porticciolo di San Damiano e faccio un rapido
bilancio della pescata. Un'ora scarsa in acqua, due mire visitate e quattro pesci in due
branchi per oltre quindici chili: niente male per una pescata improvvisata! Le due
coppiole sono un'ulteriore conferma che, come da anni sostengo, tutte le teorie sul rumore
di sparo che disturba i dentici sono soltanto frutto di errate convinzioni e pregiudizi
dettate dal fascino dell'arbalete.
 |
Davanti all'imboccatura del porto, nella semioscurità, distinguo la sagoma di un gommone
che mi accosta; si tratta del mio amico che, dimostrando di non aver compreso la gravità
della scortesia poc'anzi esibita, inizia a raccontarmi della sua pescata, delle tante
miglia percorse alla ricerca dei pesci lontani e mi mostra il carniere, quattro bei pesci
anche se più piccoli dei miei.
Quando si affaccia sul mio pagliolo e vede le prede trasale; quasi non
riesce a credere che in meno di due ore abbia catturato quattro pesci del genere in una
zona vicinissima che lui aveva completamente trascurato. |
Torno a casa
mostrando il carniere e ricevo un'accoglienza quasi da eroe
Il pesce più piccolo
viene immediatamente stanziato per la cena di venerdì sera, mentre gli altri tre li
preparo e li ripongo nel capiente congelatore per recuperarli la settimana prossima quando
sarò di nuovo qua con auto e ghiacciaia.
Il mattino successivo, Ferragosto, il mio gentilissimo ospite Mauro mi
offre appoggio con il suo stupendo gozzo ligure di nove metri, il Pappagena.
Partiamo presto ma purtroppo la velocità di 5-6 nodi è un grave
handicap e così entro in acqua soltanto alle otto, quando il traffico dei natanti è già
iniziato. I pesci ci sono, ma il rumore delle eliche li rende nervosi ed imprevedibili e
le possibili occasioni sfumano senza sparare un solo colpo.
Così decido di provare qualche mira più al largo ed al terzo sommo
riesco a catturare un dentice di due chili e tre che rimarrà l'unica preda della
giornata. Però ho ancora davanti agli occhi la visione di un sassone isolato a
trentacinque metri attorno al quale stazionavano non meno di una quindicina di cernie tra
i dieci ed i venti chili!!!
La serata di Ferragosto me la passo a bordo del Gabbiano III, la barca
del lucchese Beppe, dalla quale mi godo una bella cenetta ed il suggestivo spettacolo
della baia di Calvi illuminata dai fuochi artificiali.
Lo stesso Beppe si offre di farmi da barcaiolo per la mattina
successiva a bordo del suo rispettabile tenderino. Usciamo dal porto alle sei e dopo venti
minuti sono già in pesca: i dentici sono meno numerosi ed i primi due branchi, composti
da esemplari di taglia medio-piccola, sono inavvicinabili, fermi a mezz'acqua
probabilmente a causa di un leggero taglio freddo.
Insisto ancora a vuoto poi mi sposto per tentare l'ultimo tuffo su di
un sommetto esterno che risale fino a ventidue metri. Quando incontro il termoclino provo
sempre qualche aspetto parecchi metri più in basso, visto che in prossimità del taglio
non ci sono speranze. Scendo alla base sui ventinove e mi apposto fra i massotti
schiacciati del fondo: i dentici sono là, ad una ventina di metri da me e dieci più in
alto ma si avvicinano con rapidità e decisione sorprendenti. Giusto il tempo di
realizzare e li ho in faccia, così vicini che decido di aspettare i più grossi dalle
retrovie. Quando mi si presenta a tiro un bestione da cinque chili e sei lo trapasso
proprio nella guancetta, poverino
Nient'altro da annotare se non che, scendendo su di una guglia
sperduta, nella speranza d'incontrare i mostri già visti il mese scorso grazio due volte
le grosse palamite per poi risalire a mani vuote, che peccato.
Rientro alla base, sistemo il pesce nel congelatore di Mauro e faccio
i bagagli perché il traghetto partirà tra poche ore. Mentre dalla nave vedo Bastia che
si allontana ripenso al modo rapido ed inconsueto in cui questa breve vacanza è stata
concepita: l'ennesima riprova che l'intraprendenza e la determinazione spesso ripagano dei
sacrifici, anche i più duri.
Molto spesso mi trovo a discutere con persone che si lamentano di non
avere tempo e possibilità di pescare, anche se in realtà godono di maggior libertà di
quanta ne abbia io. Nella maggior parte dei casi si tratta di banali scuse di chi non sa
sfoderare il carattere, fare qualche rinuncia ed organizzarsi. Con una o anche solo mezza
giornata a disposizione ma tanto spirito di sacrificio si possono pianificare pescate di
tutto rispetto, come ho spesso dimostrato a chi negli ultimi anni ha accettato di
seguirmi.
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