No, non
preoccupatevi, non avete letto male. In queste pagine vogliamo presentarvi un itinerario
di pesca svolto interamente entro i confini di un parco marino, nel pieno rispetto delle
normative vigenti.
Siamo in Costa Brava, pochi Km dopo il confine
francese, sul bellissimo promontorio di Capo Creus; ma andiamo per gradi e vediamo come
siamo arrivati fino qua.

Quattro i
membri della spedizione: Silvano, noto agonista e titolare di una ditta di mute su misura,
Lamberto, forte branzinista versiliese, Francesco, fanatico dell'aspetto profondo e
conosciuto come il Matto e il romano Massimo, soprannominato Er Patella per la sua
abilità nel pescare all'agguato in prossimità della superficie. E' lui l'unico a non
aver mai pescato in queste acque, mentre noi tre abbiamo alle spalle una certa esperienza
della zona. Per molti inverni abbiamo visitato questi posti con buoni risultati, poi
alcuni anni fa la notizia dell'istituzione del parco ci aveva fatto credere che questo
piccolo paradiso fosse ormai soltanto un ricordo. Poi, mesi fa, esaminando la cartina
nautica scopriamo con piacere che soltanto una parte della costa è stata sottoposta al
divieto di prelievo e decidiamo di provarci ancora, se non altro per respirare di nuovo
quell'aria di genuinità che tanto ci aveva stregato.
Il lungo weekend del primo novembre sembra
l'occasione ideale e così, sbrigati affannosamente gli impegni di lavoro, fissiamo la
partenza per la sera del mercoledì. Prima tappa in Versilia, dove Massimo arriva nel
pomeriggio, in tempo per effettuare gli ultimi controlli del carrello, ingrassare i
cuscinetti e controllare le gomme. Il gommone di cinque metri motorizzato 70 rappresenta
un ottimo compromesso tra abitabilità e facilità di trasporto e le medie autostradali
saranno più che buone.

In serata
eccoci a Genova, dove un'impaziente Silvano ci attende sulla porta del suo negozio;
immancabile un nuovo appello delle attrezzature e l'acquisto delle inevitabili mancanze,
naturalmente a prezzo di favore
Gli ottocento chilometri che ancora ci separano da
Cadaquez passano tranquillamente, grazie all'assenza di traffico ed a turni di guida ben
scaglionati. Soltanto nell'ultima ora di viaggio un forte vento da Nord ci crea qualche
problema e ci fa capire con largo anticipo che la navigazione non sarà delle più
rilassanti.
Finalmente entriamo in paese, giusto in tempo per
la colazione. L'albergo dispone di alcuni appartamenti che nel nostro caso sono più
pratici della tradizionale camera: ne prendiamo due adiacenti e cominciamo a scaricare le
attrezzature. Dopo mezz'ora eccoci tutti indaffarati come operose formiche: chi monta
l'asta, chi rifà la zavorra, chi fa il pieno al gommone. Per oggi sarà una pescata
unica, dalle due al calasole. Il sole splende e l'aria è pulita ma il vento di tramontana
che soffia oltre i 35 nodi ci obbliga d un'attenta ricognizione con l'auto per individuare
possibili ridossi in cui ancorare con sicurezza. Fortunatamente dalla strada che porta al
faro si può osservare gran parte del promontorio e non è difficile mettere a punto un
piano d'emergenza.

Dopo aver
alato il gommone non senza qualche difficoltà per la precarietà dello scivolo, quando
ormai tutti fremono per la voglia di tuffarsi ecco il primo intoppo, dovuto ai capricci
del motore. Dopo alcuni tentativi di avviamento la batteria è KO e soltanto smontando
quella dell'auto riusciamo a mettere in moto
e intanto l'orologio segna già le tre
e mezzo.
Dopo esserci sincerati che il motore giri
regolarmente prendiamo il largo: le raffiche di vento sono rabbiose e dedichiamo una cura
estrema agli ancoraggi. Fatte due squadre iniziamo a pescare in staffetta. Il mare
sottocosta è appena increspato e l'acqua molto pulita, almeno rispetto a quanto
riscontrato in tutte le precedenti occasioni. Anche la temperatura è ancora estiva,
attorno a venti gradi sia in superficie che in profondità. Forse è questa la ragione per
cui mancano le spigole, grandi protagoniste dei nostri precedenti carnieri.
Ci sono però saraghi in abbondanza che tentano
di guadagnare il fondo man mano che scorriamo la parete attraverso la schiuma. Massimo
conferma le sue doti di specialista in questa pesca, inanellando un discreto numero di
prede di taglia, mentre Silvano nobilita il carniere con uno spigolone di quattro chili
dopo aver invano insidiato una grossa ricciola. Lamberto, deluso per l'assenza di
branzini, ripiega sui saraghi mentre Francesco, tanto per non smentirsi, dopo una
mezz'oretta in acqua bassa si ritrova a pescare sul filo dei 30 metri, dove cattura un
paio di dentici di media taglia e ne strappa uno assai più grosso.
L'impressione unanime è che la situazione,
nonostante il calendario, sia ancora prettamente estiva. Comunque la prima giornata se
n'è andata, ci spogliamo sotto le sferzate della tramontana e ci apprestiamo a tornare in
albergo. Questa sera, tanto per non morire di fame, carpaccio di dentice, spaghetti al
tartufo nero (raccolti da Massimo in Abruzzo) e saraghi bolliti
meglio che al
ristorante.
La stanchezza comincia a farsi sentire ed alle
dieci anche l'ultimo di noi crolla. Il mattino successivo il vento ancora fortissimo ci
consiglia di trattenersi un po' a letto, poi decidiamo di uscir eper una più accurata
supervisione. Verso l'ora di pranzo sembra finalmente che il tempo voglia ristabilirsi e
le previsioni meteo confermano le nostre speranze. Il tempo andrà gradatamente
migliorando e fino a domenica ci permetterà di pescare praticamente dovunque con mare
prima in scaduta poi quasi calmo. Però di branzini neanche l'ombra, invece i saraghi sono
dappertutto anche se abbastanza smaliziati e la ghiacciaia comincia a riempirsi. .
Numerosi i dentici di mole avvistati da Francesco ma nessuno di essi finirà a pagliolo.
Rimaniamo a bocca aperta quando Lamberto mostra un'orata di quattro chili e mezzo, presa
all'aspetto in un branco di parecchi esemplari: sarà il pesce più bello della vacanza.
Il sabato giornata intensa, con la pescata del
mattino e quella del tramonto. Ancora numerose catture, ma si tratta di saraghi, compreso
qualche bel faraone: purtroppo l'acqua è meno limpida dei primi due giorni e pescare in
profondità è diventato più difficoltoso. Sembra proprio che questo piccolo sprazzo
d'estate si sia esaurito per lasciare il posto all'acqua verde dell'inverno, e con essa ai
branzini che da qui a poche settimane arriveranno numerosi. Dopo qualche ora decidiamo di
dedicarci ai muggini, presenti ovunque con esemplari decisamente grandi. La scelta cade su
quelli col ventre rigonfio, alla ricerca delle sacche di uova per la mitica spaghettata
serale.

La domenica mattina l'ultima pescata poi i
bagagli e di nuovo in viaggio. Purtroppo la partenza anticipata viene vanificata da
parecchie ore di coda sulle autostrade francesi e il viaggio finirà molto tardi, troppo
per chi come noi l'indomani dovrà tornare subito al lavoro.
Ma le possibilità di carnieri di qualità, la
bellezza e la varietà dei fondali e soprattutto le sensazioni uniche che un posto come
Cadaquez può regalare valgono bene qualche sacrificio e così durante il ritorno ci
ritroviamo a pianificare la prossima uscita, certi che tra qualche settimana i branzini
non mancheranno all'appuntamento.
Siamo stati molto combattuti sull'opportunità o
meno di descrivere al grande pubblico zone così belle e pescose, delle quali siamo in
qualche modo estremamente gelosi
sull'egoismo ha però prevalso la consapevolezza
che ci troviamo di fronte ad un esempio tangibile e inequivocabile di come sia possibile
istituire zone di tutela ambientale rispettando le esigenze di tutte le categorie di
fruizione coinvolte, compresi i pescatori subacquei.
Il nostro obiettivo finale é portare la riserva
di Capo Creus all'attenzione dei nostri politici e di tutti gli enti coinvolti nella
pianificazione dei parchi e nella stesura dei vari regolamenti, con la speranza che si
possa dare vita ad un nuovo corso di gestione ambientale. Una rivalutazione dell'immagine
del pescatore subacqueo al quale viene finalmente restituito il ruolo importantissimo di
monitorare la condizione dell'ecosistema marino contribuendo così alla sua tutela.
